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“...LE GRAZIE LA FIORISCONO, DINOTANDO LA PRIMAVERA”

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Sandro Botticelli, La primavera, tempera grassa su tavola, 1480 circa, Firenze, Uffizi

“...LE GRAZIE LA FIORISCONO, DINOTANDO LA PRIMAVERA”

Fiordalisi simbolo d’amore, gelsomini che si schiudono a maggio, fragole, allusione ai piaceri della bella stagione. E poi rose, il fiore primaverile per antonomasia, fin dall’antichità sacro a Venere e associato all’amore e alla bellezza. Sono solo alcune delle piante fiorite dipinte da Botticelli nella sua Primavera, titolo dato all’opera non dall’autore ma dal pittore e scrittore Giorgio Vasari che alla fine del Cinquecento la cita come «Venere che le grazie la fioriscono, dinotando la primavera». Al passaggio di Venere, la figura al centro del celebre - ma ancora misterioso - capolavoro, la terra fiorisce e si mostra in tutto il suo splendore. Occhieggiano sul tappeto erboso almeno cinquecento esemplari vegetali (secondo lo studio del botanico Guido Moggi), di cui una settantina di semplici ciuffi d’erba appartenenti alle famiglie delle graminacee e delle ciperacee, duecentoquaranta piante non fiorite e centotrentotto piante fiorite. Non tutte riconoscibili, ma tutte dipinte da Botticelli con un’attenzione da botanico, salvo rare eccezioni di fiori e arbusti frutto dell’immaginazione dell’artista. Non solo. Per celebrare la primavera, Botticelli ha scelto esclusivamente piante che fioriscono tra marzo e maggio, escludendo le piante da frutto. Unica eccezione, le arance (che maturano in autunno), dipinte insieme alle zagare, i loro fiori bianchi, probabilmente per il valore simbolico, quali emblemi della committenza medicea,  poichè anticamente venivano chiamate citrus medica.
Inoltre sono quasi tutte specie tipiche della Toscana forse ritratte servendosi di erbari o addirittura studiate dal vero nei giardini della residenza medicea alla quale la Primavera era destinata. Questo fatto non è scontato se pensiamo che, nelle liriche del poeta mediceo Poliziano (spesso associate alle opere contemporanee di Botticelli), sono citati anche vegetali descritti nelle fonti classiche, ma irreperibili a Firenze e dintorni. 
Il primato spetta, oltre alle rose, a viole (fiore sacro a Venere) e margherite, tutti fiori simbolo non solo della primavera ma anche dell’amore. A questo stesso tema si ricollegano la nigella, il croco, il fiore di fragola. Fioriscono a maggio la viperina, l’elleboro, simbolo di giovinezza (sotto i piedi di Venere) e la camomilla. 
Alludono al legame matrimoniale fiordaliso, pervinca e muscari, il giacinto e il papavero, antico segno di fertilità. Nell’angolo in basso a destra un iris, altra fioritura tipica di maggio, cresce spontaneo nelle campagne attorno al capoluogo toscano ed è anche raffigurato sullo stemma cittadino. Tra le voci fuori dal coro, in questo lungo (ma parziale) elenco sono il ranuncolo (sotto il piede destro di Venere), simbolo di morte per la sua tossicità, e l’anemone, che per la sua breve fioritura indica la fugacità dei piaceri e della felicità.